poetico che asserve alle utilità umane la
«selva antica della terra». La separazione
tra natura e cultura è dunque inaugurata
dalla prima grande figura simbolica del-
l’avvento del tempo propriamente storico
che contrassegna il «mondo civile». Ma il
dominio del mondo naturale viene sug-
gellato da Omero, figura allegorica della
elaborazione spirituale del mondo che
rappresenta «il secondo superamento
dello stato di natura per mezzo del pen-
siero e dei segni» (p. 184). Definire il con-
cetto di cultura in Vico significa dunque
affrontare l’annoso problema della tradu-
zione – linguistica come interpretativa –
del concetto di «civile»: un termine che
non conosce ancora in Vico la distinzione
successiva tra sociale e culturale, ma si
demarca tuttavia chiaramente dal politi-
co. «Civile» può, come nella traduzione
di Auerbach, essere declinato nel senso di
«storico», ricongiungendosi con la rifles-
sione delle diltheyane scienze dello spiri-
to; a patto, tuttavia, che non si indulga
nell’errore di assimilare la scienza nuova
vichiana ad un’ermeneutica, osserva l’A.
in polemica con un recente testo di
Kittler. Uno iato non colmabile sussiste
infatti tra la estensione vichiana del meto-
do induttivo baconiano alla storia e l’ap-
proccio ermeneutico – una tesi ampia-
mente condivisibile, che avrebbe forse
guadagnato in incisività se l’A. avesse
potuto soffermarsi, come certamente
avrebbe fatto in una sede più articolata, su
una analitica caratterizzazione del metodo
ermeneutico, storicamente oggetto di
interpretazioni tutt’altro che univoche.
[S. C.]
25. V
ANHAELEMEERSCH
Philip,
The
Figurists, and G.B. Vico on the Chinese:
Esoteric wisdom versus poetic wisdom
, in
History of Catechesis in China
, ed. by S.
Vloeberghs; co-editors P. Taveirne, Ku
Wei-ying, R. Lu Yan, Louvain, Ferdinand
Verbiest Institute, 2008 («Leuven
Chinese Studies», XVIII), pp. 69-86.
La ricerca di una storia universale
della lingua accomuna Vico e i Figuristi, in
un accostamento che sembra un contro-
senso, come accenna quel
versus
usato
dall’A. per contrapporre la ‘sapienza eso-
terica’ dei secondi alla ‘sapienza poetica’
del primo. Motivazioni storiche e filosofi-
che separano i Figuristi da Vico: diverso lo
scopo e il movente del loro interesse per la
Cina e la scrittura cinese; differente il loro
grado di conoscenza della Cina; infine,
storicamente, una mera ipotesi la cono-
scenza da parte di Vico degli scritti dei fi-
guristi, rimasti pressoché inediti nel XVIII
secolo, dopo la condanna dei riti cinesi e
di tutta la tradizione filosofica cinese,
fonte – secondo il vicario apostolico Char-
les Maigrot – di idolatria, superstizione e
ateismo. Identico, invece, è il desiderio dei
figuristi e di Vico di dare delle risposte per
inserire la cultura cinese nel sistema della
cultura europea-universale, risolvendo il
problema della sua cronologia e della sua
scrittura. Insomma se per i figuristi la Cina
fu la ragione della loro esistenza e della
loro attività, per Vico fu solo un tassello
della sua teoria della lingua universale.
I figuristi furono un piccolo gruppo di
gesuiti, perlopiù francesi, che operarono
in Cina a cavallo tra Seicento e Settecento
(è del 1697 la famosa lettera sul figurismo
di Joachim Bouvet). L’unico elemento che
li unisce – vista la differenza della loro
esperienza missionaria e la scelta delle
fonti utilizzate per i loro studi – fu il meto-
do: l’esegesi figurista, l’uso di un sistema
di lettura dei testi filosofici cinesi finaliz-
zato a trovare la presenza dei dogmi del
cristianesimo e delle antiche profezie
bibliche nella scrittura cinese. Il metodo
non era nuovo, ma il figurismo ‘erudito’
AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
106