convinzione del parallelismo assoluto tra forma di pensiero e forma
grafica è per Visconti nella grafia dei termini
auctor
e
auctoritas
, che
vengono messi in costante collegamento con il
nosse
-
velle
-
posse
di
Dio e la
vis veri
posseduta dall’uomo.
E Visconti ne era consapevole, questa ricerca frutto del lavoro
paziente dell’editore critico «non è una ricerca inutile forse: la storia
della diversità – nel tempo – della grafia di uno stesso termine è anche
la storia della evoluzione – nel tempo – del pensiero di un autore e della
sua personalità». Autore che, anche se maneggiava poco il greco, sape-
va muoversi con il latino meglio di quanto non lo dipingesse la tradi-
zione otto-novecentesca. Non buona – è vero - la conoscenza di Vico
relativamente alla lingua greca, come non buona fu quella del fratello,
Giuseppe Vico, indicato dalla tradizione come lo scriba dei testi vichia-
ni non pubblicati: Visconti annota che «il buon notaio infatti ignorava
o aveva poca dimestichezza col greco, e per questo, ogni qual volta
trovò nel testo che doveva trascrivere un termine greco, fu costretto a
lasciare nel ms. D uno spazio bianco». Mentre Giambattista, nelle cor-
rezioni, cercava di eliminare il più possibile i termini greci, dove ne
aveva la possibilità. Sul latino il parere di Visconti era del tutto diffe-
rente, imputando gli «strafalcioni» che Nicolini trovava nella trascrizio-
ne non a Vico, bensì alla tradizione otto-novecentesca, come risulta
dalla scrupolosa disamina che Visconti offre delle
lectiones
ripristinate.
Un esempio che valga per tutti è quello del ripristino, nell’
Orazione II
, di una lezione non utilizzata dalla tradizione a noi contemporanea,
che aveva proposto una correzione di
Archimedes
e
Scipiones
in
Archimedem
e
Scipionem
, interpretando il nominativo come un refuso
per giustificare una concordanza con i passi successivi. Per Visconti
questa concordanza era, senza ombra di dubbio, una concordanza logi-
ca e non grammaticale, nel rispetto di una consuetudine con un latino
di matrice umanistica che prevede, pur nel rispetto delle norme sintat-
tiche, sue proprie specificità. La conservazione della lezione attestata
dalla prima stampa permette a Visconti di mettere in primo piano, con-
tro le versioni più accreditate, i concetti astratti di cultura e dignità
umana, primi cenni di quelle connotazioni che saranno, per il Vico più
maturo, gli universali fantastici.
Il volume
Varia
del 1996, curato sempre da Visconti, comprende la
dissertazione
De mente heroica
e gli scritti latini minori, tra i quali spic-
ca senza dubbio la traduzione e il testo critico delle
Vici vindiciae,
che
curò assieme a Teodosio Armignacco, suo fido collaboratore, ed è
IN RICORDO DI GIANGALEAZZO VISCONTI
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