parallelo a quello dei
Minora
del 2000, che comprende le opere mino-
ri di Vico di spiccata natura storica d’occasione, come il
Panegirico a
Filippo V
(1702), il distico composto
Per il ritorno in Ispagna di don
Francesco Benavides
(1697), la composizione funebre del 1707 per i
funerali di Carlo di Sangro e Giuseppe Capece e quella per la morte di
Caterina d’Aragona (1697), l’allocuzione per Carlo di Borbone (1734).
Scritti che tradiscono in maniera eloquente la posizione politica di Vico
e l’inserimento del suo cattolicesimo all’interno del dibattito sul giuri-
sdizionalismo, tema a Visconti molto caro.
È senz’altro da ricordare che a questi volumi è stata affiancata, nella
collana degli «Studi vichiani», l’edizione critica del
Commento all’Arte
Poetica di Orazio
, curata da Guido De Paulis, dove viene sostenuta
l’ipotesi che sia il codice delle
Animadversiones
, attribuito canonica-
mente al Vico, che gli appunti conservati in un quadernetto del XVIII
secolo presso la Biblioteca Nazionale di Napoli, siano note di allievi che
frequentavano lo stesso corso di lezioni negli stessi anni. Lo studio di
questa operetta fu suggerito a de Paulis dallo stesso Visconti, che non
smetteva mai – come ricorda proprio de Paulis nella sua introduzione
– di trasmettere a chiunque gli fosse vicino, il suo amore per Vico e per
la «stupenda humanitas latina». Amore per Vico che si rifletteva nella
partecipazione emotiva forte, oltre alla specifica competenza di filolo-
go e di esperto di lettere classiche, che Visconti profondeva nello stu-
dio di un autore del quale volle sempre salvaguardare una lettura filo-
logica e filosofica insieme anche in opere non particolarmente amate e
stimate dalla tradizione dominante.
M
ANUELA
S
ANNA
Manuela Sanna ha illustrato l’intensa operosità del Visconti quale
editore del Vico latino, e non serve ripetere quanto è stato detto bene,
con precisione e, insieme, con affettuosa devozione verso un anziano
collega. Io mi soffermerò soltanto sull’umanità dell’uomo di valore, che
ho conosciuto ed apprezzato fin dai primi anni ’70,quando già da molto
autorevole ed apprezzato docente di Liceo, accettò di passare
nell’Università di Salerno, dove allora insegnavo ed ero preside di
Facoltà. Visconti compì la sua opzione senza temere una
deminutio
(almeno secondo quanto potevano pensare gli ignari) per avere più
tempo da dedicare agli studi scientifici, con impegno assorbente e non
MANUELA SANNA
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