sempre coniugabile coi pesi didattici della scuola liceale. Del resto egli
era ben conscio che non si sarebbe separato del tutto dalla scuola di pro-
venienza, grazie alla stima dei Colleghi e all’affetto degli Scolari, bensì
avrebbe ampliato la sfera del suo insegnamento dalle aule universitarie.
Fu così e fu un gran bene anche per l’Università di Salerno che allora
nasceva come università di Stato e doveva costruire un fruttuoso rap-
porto con la rete dei buoni licei di Salerno e del salernitano: impegno
che costò fatica, vista la sostanziale ostilità che, allora, Salerno, o meglio
la sua classe dirigente nutriva per una nuova, rigorosa, attiva Università
pubblica, destinata – come è avvenuto, specialmente ad opera di chi
allora (nella seconda metà degli anni ’60)non risparmiò impegno – a
superare il vecchio istituto di Magistero pareggiato, divenuto una picco-
la succursale di Napoli, un piccolo binario morto, dove riscattare picco-
le frustazioni provinciali. Visconti fu di quei salernitani che capirono
dove batteva l’avvenire e collaborarono con gli ‘invasori’ romani o napo-
letani, venuti a Salerno per dotare questa antica, nobile, bellissima città
di una struttura determinante per la modernizzazione della città in anni
che si annunciavano impetuosi e importanti per avanzare e non ristagna-
re. Chi scrive ha conosciuto bene, da protagonista, lo scontro che allora
si consumò (quando il Provveditore agli studi si riteneva che godesse di
autorevolezza superiore al Rettore della nascente Università pubblica) e
poi si ripetè quando si trattò di edificare la nuova sede, l’attuale magni-
fico campus, portando le strutture universitarie fuori da immobili per
civili abitazioni neppur completati o da vecchie scuole medie dismesse
e simili sconcerie. Altro che Salerno gran madre di civiltà!
Credo che fui io a presentare a Piovani il prof. Visconti, conosciuto
e stimato da Marcello Gigante e Antonio Garzja, quale possibile colla-
boratore dell’allora avviata edizione critica di Vico. Non mi sbagliavo.
Il volume delle
Orazioni inaugurali I-VI
(che Visconti curò esemplar-
mente e pubblicò nel 1982, scomparso, purtroppo, Piovani da due
anni) non è solo importante in sé, come la critica ha riconosciuto. È
ancor più importante perché fu il primo, cronologicamente, volume
dell’edizione critica del Vico latino. Esso cioè ha stabilito il ‘canone’
per i successivi, al quale si sono attenuti – anche dove lo hanno integra-
to – gli altri volumi degli scritti latini, in buona parte curati dallo stes-
so Visconti o con la sua generosa collaborazione e rigorosa vigilanza.
Già, perché Visconti fu non solo un grande uomo di scuola, fu anche
un uomo generoso, disponibile, umile e, lo dico senza retorica, tutto
dedito alla Scuola, suo oggetto di rispetto, di venerazione, di amore.
IN RICORDO DI GIANGALEAZZO VISCONTI
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