L’‘umiltà’ di Visconti – la quale, per altro si coniugava col carattere dif-
ficile di chi aveva precisa nozione della propria competenza, del pro-
prio valore e della dignità del proprio lavoro di docente e di ‘uomo
intero’. Essa non aveva nulla del servilismo ipocrita. L’‘umiltà’ di
Visconti era l’espressione del rispetto che Visconti nutriva per chi rive-
stisse ruoli prestigiosi nell’Università. Io, che sono stato suo Preside e
poi Rettore a Napoli, posso dare testimonianza vissuta di ciò che sto
affermando. In tali casi il Visconti, uomo sobrio e riservato, era capace
di sfidare la retorica (sempre colta e raffinata) pur di esprimere, senza
risparmi, la propria devozione, la propria gratitudine a chi lo aveva aiu-
tato o confortato nel lavoro pioneristico. Non poche volte, come diret-
tore dell’edizione critica di Vico, ho dovuto sostenere con lui vere bat-
taglie per fargli togliere qualche aggettivo ridondante o qualche frase,
non dico quelle rivolte a me, che qualche volta sono riuscito a cancel-
lare d’imperio, ma anche quelle dedicate a studiosi che Visconti anno-
verava tra i propri maestri. Ed erano battaglie che vincevo non perché
lo convincessi, ma perché cedeva deluso, si arrendeva all’autorità e solo
per mostrare quanto questa fosse perfida, pur se esercitata da un presi-
de o da un rettore che egli stimava. Credo di ricordare che in qualche
lettera in proposito egli abbia adoperato perfino la parola ‘obbedisco’,
che stava ad indicare non solo la sottomissione coatta ma, ancor più, la
tracotanza del potere, subita contro voglia. L’ ‘umiltà’ di Visconti era il
segno, la prova della sua consapevolezza critica della difficoltà della
ricerca (e specie quando si tratti di edizioni critiche), che non dovreb-
be suggerire a nessuno di ostentare sicurezza, sacrificando qualcosa del
dubbio, che è dovere morale, che dovrebbe essere il costume dell’uo-
mo di studio. Io l’ho conosciuto così il prof. Visconti e perciò l’ho sem-
pre rispettato, mi sono sentito suo amico, cercando di contrastare le sue
dichiarazioni autentiche, sincere eppure eccessive di ‘onore’ che diceva
ricavare dal rapporto con me. E così desidero ricordarlo nel Suo Liceo.
Sono convinto che il prof. Visconti non avrebbe gradito altra forma
di omaggio che quella di sottolineare la sua dimensione di uomo di scuo-
la, quella di umile operaio nella vigna degli studi, che, accanto agli affet-
ti familiari ed amicali, furono la sola occupazione della sua vita. Quella
per la quale egli riteneva che, fortunata o sfortunata, valesse la pena di
vivere, comprendendo il significato del vivere onesto e laborioso.
F
ULVIO
T
ESSITORE
FULVIO TESSITORE
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