«ECCO L’ORIGINE DELLE SCIENZE UMANE»
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la brevità induce all’oscurità, specie se si tratta di nuove teorizzazioni,
e rovescia l’accusa vichiana appoggiandosi ad un autore, Quintiliano,
che costituiva il cardine gnoseologico e professionale del docente di
Retorica presso lo Studio di Napoli:
noi giudichiamo che, quando uno in qualche scienza scrive, con nuovi princì-
pi e nuovo metodo, cose la maggior parte non più udite, come il signor di Vico
professa di scrivere, egli è in obbligo di trattarle alquanto stesamente; accioc-
ché, siccome alletta i leggitori colla novità, così col troppo affoltare le cose non
li confonda, spezialmente per consiglio di Quintiliano, essendo talora più spe-
diente il dire il molto anche soverchio con tedio, che il porsi al pericolo del
tacere il necessario
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.
Poi il recensore veneto ripercorre tutte le proprie obiezioni, rinno-
vandole ed approfondendole, proprio per sottolineare come siano le
argomentazioni stesse di Vico ad obbligarlo a «dire ciò che nell’estrat-
to sopradetto erasi taciuto da noi, per non parere che fare volessimo
più da critici che da giornalisti». Un obiettivo, quest’ultimo, chiara-
mente ispirato alle linee-guida della presentazione maffeiana della rivi-
sta, ove si legge che
Quanto al giudizio, ch’è il carico più importante de’ giornalisti, si serberà ogni
moderazione per non offendere chi che sia, avendo cura solamente di non pro-
muovere quelle opinioni, che alla perfezione delle belle lettere e delle scienze
non si credesser giovevoli
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.
Nel
Secondo articolo
di Trevisan, molto cogente è la sezione relativa
alla distinzione tra
animus
e
anima
nel lessico latino, e molto stringenti
le obiezioni – anche stavolta rese con un elenco numerato – che culmi-
nano con un attacco a Vico, reo di aver accusato il «Giornale» di aver
proliferassero pubblicazioni di scarso valore, si legga questo passo di una lettera di
Apostolo Zeno a Ludovico Muratori (2 dicembre 1740): «Egli è verissimo che non si è
mai stampato tanto in Italia, quanto da pochi anni in qua e che ogni giorno e libri di
nuova stampa si veggono e altri per via di associamenti ne vengono minacciati. Ma in
tanta copia di stampa, quanta penuria di nuovi autori! Toltone quattro o sei, tutti gli
altri sono o disattenti copisti o miserabili traduttori, per i quali l’Italia, in luogo di sali-
re e avanzar di credito, va perdendo quel tanto che prima aveva meritato».
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S
econdo articolo
, cit., p. 342.
36
S. M
AFFEI
,
Introduzione al Giornale de’ Letterati,
cit., p. 48.