STEFANIA DE TOMA
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ha fatto quel che sempre han soluto coloro che si son fatti tiranni, i quali son
cresciuti in credito col parteggiare la libertà; ma, dopo essersi assicurati nella
potenza, sono divenuti tiranni più gravi di quei che oppressero
43
;
e appellandosi al metodo galileiano
44
, rivissuto attraverso l’esperienza
investigante
45
, ove il probabilismo si traduceva nell’indagine sperimenta-
le dei fenomeni, secondo un criterio euristico che, trasposto dalle scienze
della natura alle scienze dell’uomo, invoca un ritorno agli studi letterari,
eruditi e retorici
46
. Da questo si rileva la distanza con Trevisan e dunque
l’inconciliabilità delle loro posizioni: «Trevisan si richiama a Descartes in
nome di uno stretto collegamento con la filosofia dei
novatores
e anche
per questa ragione rinuncia al latino» e sceglie – diversamente da Vico –
il volgare come lingua della comunicazione filosofica e scientifica. Ma, ciò
che più importa, Trevisan «ritiene che l’opzione filosofica cartesiana non
escluda, ma anzi consenta, senza troppe contraddizioni, di mantenere
una sostanziale continuità di fondo con i modelli filosofici e le tradizioni
del passato. Il valore atemporale del metodo assicura infatti la possibilità
43
S
econda risposta
, cit., p. 382.
44
Non per caso, il nome di Galilei torna proprio nella
Seconda risposta
(p. 383) a
proposito dei rapporti tra fisica e metafisica. Rossi puntualizza, tuttavia, che «solo enfa-
tizzando
il fatto
che Vico nomina e ricorda Galilei come grande geometra e trascuran-
do
il contenuto
del discorso di Vico, è stato possibile interpretare questo passo come
espressione di una vicinanza di Vico a Galilei o di una presenza di temi galileiani capa-
ci di incidere sulla filosofia vicina. In realtà Vico si serve del discorso galileiano solo ed
esclusivamente per mostrare come esso, in quanto si muove soltanto sul piano della
matematica e della geometria, va incontro a un fallimento» (R
OSSI
,
op. cit
., p. 143).
45
In merito si vedano almeno M. T
ORRINI
,
L’Accademia degli Investiganti, Napoli
1663-1670
, in «Quaderni storici» XLVIII (1981), pp. 845-883 e
Le scienze nel Regno di
Napoli
, a cura di R. Mazzola, Roma, 2009.
46
M. A
GRIMI
,
Presenza di Vico nella cultura veneziana del primo Settecento (la poli-
ticità del «De ratione»)
, in
Vico e Venezia
, cit., pp. 45-75. Si veda C. P
ERELMAN
,
Il campo
dell’argomentazione: nuova retorica e scienze umane
, Parma, 1979: «L’errore di
Descartes è stato quello di credere che ci siano delle nozioni chiare e distinte i cui rap-
porti diano luogo a delle proposizioni evidenti, e che queste nozioni possano essere
afferrate grazie ad una intuizione infallibile, che poggia su una natura semplice a pro-
posito della quale l’errore è impossibile» (p. 16). La visione cartesiana dà «la concezio-
ne d’una scienza che progredisce in modo puramente quantitativo, aumentando il
numero delle sue verità evidenti, senza dover mai rimettere in discussione nessuna di
esse» (p. 17): ne risulta «il carattere asociale e astorico della conoscenza scientifica»
poiché, «opponendosi a ogni pluralismo metodologico, il metodo cartesiano esige l’eli-
minazione dalla nostra conoscenza di tutto quel che è apporto individuale, soggettivo,
sociale o storico: in una parola, contingente» (p. 18).
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