STEFANIA DE TOMA
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Vico torna ad insistere sulla sua buona fede e precisa che la sua
risposta deriva da una consultazione con il «signor Matteo Egizio, che
trascelsi tra tutti, perché il conosceva ben affetto alla vostra assemblea»,
il quale gli suggerì di rendere ragione ai suoi commentatori di quanto
aveva scritto, ma non certo di contrattaccare. Vico conclude infine il
suo
incipit
tornando a dire della sua personalità, che gli preme di defi-
nire lontana da ogni «acerbezza, perché fui sempre di sentimento che
le cose appartenenti alle scienze trattar si debbano con sedatissima
maniera di ragionare». A questo punto della
Risposta
Vico introduce
un procedere per massime, che differenzia l’argomentazione di questo
testo dal precedente – probabilmente proprio in ragione della maggio-
re ‘osservanza’, e forse pure lucidità: «osservo ne’ costumi che chi ha
potenza non minaccia e chi ha ragione non ingiuria». La ragione di
questo procedere, vorremmo dire, aforistico viene spiegata subito
dopo: è necessario che le dispute filosofiche siano costellate di «certi
piacevoli motti» per «ristorarsi di tempo in tempo del duro travaglio
dell’intenzione», ma pure perché
diano a divedere gli animi de’ ragionatori esser placidi e tranquilli, non pertur-
bati e commossi; e, ove abbiamo a riprendere, vi entri a farlo la gravità, con la
quale possiamo
pungere
[sottolineatura mia: si tratta di un verbo ricorrente
nelle dispute galileiane] civilmente, non offendere da villani, accioché i filoso-
fi, i quali contendono di cose che non soggiacciono all’appetito, si distingua-
no dal volgo, che difende le sue cose con la compassione e con l’ira
51
.
Il motto di spirito, dunque, come strumento di distinzione dei dotti,
come manifestazione di grazia, di castiglionesca «sprezzatura»
52
, e di
moderazione nei dibattiti
53
. Ma questo non è aspetto esclusivamente
peculiare della riflessione intorno al
De antiquissima
: difatti, nelle
Institutiones oratoriae
Vico sostiene che «acuta docent, arguta fallunt».
51
S
econda risposta
, cit., p. 354.
52
Sull’architesto di Castiglione si vedano almeno C. O
SSOLA
,
Dal «Cortegiano» al-
l’«Uomo di mondo». Storia di un libro e di un modello sociale
, Torino 1987; A. Q
UONDAM
,
«Questo povero Cortegiano». Castiglione, il Libro, la Storia
, Roma, 2000; U. M
OTTA
,
Castiglione e il mito di Urbino. Studi sulla elaborazione del «Cortegiano»
, Milano, 2003.
53
Verrebbe fatto di pensare a S. F
REUD
,
Il motto di spirito e la sua relazione con l’in-
conscio
, tr. it. Torino, 1975, p. 162: vi si trova la definizione di ‘motto di spirito’ come
spinta liberatoria nei confronti del giudizio critico. Cfr. a questo proposito S. A
GOSTI
,
Motto di spirito e lavoro poetico
, in
La comunicazione spiritosa. Il motto di spirito da
Freud a oggi
, a cura di F. Fornari, Firenze, 1982, pp. 259-266.