DISAPPARTENENZA DELL’IO
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dalla perversa intenzione di «affliggere il mondo con grossi volumi»
7
–
gli intenti più squisitamente gnoseologici si coniugano con quelli pole-
mici, ontologico-metafisici e teologici. A testimoniare l’intrico dei pro-
blemi teorici nei quali Berkeley – ed altri immediatamente prima e
dopo di lui – si muoveva, intrico del quale si cercherà qui rapidamente
di mostrare l’ordito, può forse bastare leggere il sottotitolo esplicativo
del
Trattato
, «nel quale si indagano le
principali cause
di errore e
di dif-
ficoltà nelle scienze
, e inoltre i fondamenti
dello scetticismo
,
dell’ateismo
e dell’irreligiosità»
8
.
Agli occhi di Berkeley, le «difficoltà nelle scienze» avevano come
loro «principali cause»: 1) la distinzione cartesiana fra
res cogitans
e
res
extensa
, che, ponendo l’eterogeneità ontologica delle due entità, rende-
va assai problematico concepire l’azione della sostanza spirituale su
quella materiale e viceversa; 2) la distinzione, di matrice galileiana, fra
qualità primarie
dei corpi (estensione, figura, movimento), dotate di
realtà esterna e indipendente dalla conoscenza che se ne poteva avere,
e
qualità secondarie
(colore, sapore, ecc.), risultanti dalla relazione del-
l’oggetto esterno con il soggetto percipiente, e dunque esistenti solo
nell’animo di quest’ultimo.
A queste «difficoltà» Berkeley cominciava a rispondere costatando
che gli unici veri oggetti della nostra conoscenza sono le ‘idee’, inten-
dendo con ciò «ogni immediato oggetto del senso o dell’intelletto, nel
significato ampio con il quale questo termine [idea] viene usato comu-
nemente dai moderni»
9
. Lasciandosi alle spalle la lunga
Introduzione
, il
Trattato
si apriva, dunque, andando immediatamente al cuore della
questione: «A chiunque esamini gli oggetti della conoscenza umana –
leggiamo –, risulta evidente che si tratta […] di
idee
»
10
. Con ammirevo-
le chiarezza, il filosofo – nelle vesti di Philonous – spiegava poi nei
Dialoghi
:
Io vedo questa ciliegia, la tocco, ne gusto il sapore, e sono certo che un nulla
non può essere visto, toccato o gustato: dunque, questa ciliegia è
reale
. Togli
7
Lettera di Berkeley a Samuel Johnson del 25 novembre 1729, in
Corrispondenza
filosofica…
, cit., p. 475.
8
Trattato
, p. 173 (corsivi miei).
9
I
D
.,
Saggio per una nuova teoria della visione
(1709) [d’ora in poi,
Saggio
], in
OF
,
p. 110.
10
Trattato
, p. 198 (corsivo mio). Poche pagine dopo, Berkeley dichiara perentoria-
mente: «Non può esserci niente di simile a un oggetto esterno» (ivi, p. 206).