ROSARIO DIANA
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cortometraggio vuole rappresentare con le immagini una sorta di espe-
rimento mentale fondato sul principio espresso nel
Trattato
del filosofo
settecentesco, di cui viene accentuata la valenza ontologica proprio per-
ché resta tralasciata del tutto – e comprensibilmente, direi – quella gno-
seologica. Al centro dell’interesse di Beckett è qui l’esistere dell’uomo,
che – come abbiamo avuto modo di osservare – in Berkeley non viene
appreso con il semplice percepire, ossia attraverso l’‘idea’, ma per effet-
to di un’intuizione interiore: e qui sta appunto la forzatura beckettiana
del pensiero del filosofo a cui si accennava anticipatamente all’inizio di
questo contributo. Si tratta certo di una semplificazione che non può
passare sotto silenzio, ma che si rivela straordinariamente efficace sul
piano espressivo e comunicativo, e nel contempo – proprio per effetto di
una
reductio ad unum
erosiva delle differenze – fa del principio berkele-
yano il nucleo generatore unico dell’azione drammatica, cui anche la
macchina da presa (d’ora in poi
mdp
) partecipa in quanto personaggio.
‘Percepire’ gli altri ed ‘essere percepito’ dagli altri – gesti ontopoie-
tici che in
Film
vengono veicolati dalla direzionalità dello sguardo dei
personaggi e della
mdp
, e non poteva essere diversamente in una pelli-
cola muta, che dunque annienta l’udito (l’altro senso coinvolto quando
si assiste alla proiezione di un film) e ne ribadisce l’esclusione con l’uni-
ca battuta in sonoro («ssh»), proprio per privilegiare la vista e lasciarla
padrona del campo (non è certo un caso che
Film
cominci con un pri-
missimo piano dell’occhio del protagonista
42
) – significa per Beckett
confermare gli altri ed essere da essi confermati nella prigionia di un
esistere che, al di là degli orpelli e delle spesso seducenti apparenze, è
solo un’esperienza informe e monotona di lucida, consapevole e il più
delle volte autoironica dannazione senza speranza, il cui inizio coinci-
de con quello del vivere stesso, dal momento che per l’uomo «nascere»
è «la sua morte»
43
. Un’esistenza – quella concepita da Beckett – che è
867, 868, 872;
TC
, 877).
Film
è in realtà un cortometraggio: dura infatti ventidue minu-
ti, è girato in bianco e nero ed è muto, tranne che per una battuta («ssh») pronunciata
da un personaggio femminile nella prima parte (cfr.
Film
, p. 352). È ambientato nel
1929.
42
Va qui ricordato che il titolo originale di
Film
era
Eye
[Occhio] e che la pronun-
zia inglese della parola si confonde con quella di ‘I’ [io] (sul tema dell’occhio in
Film
cfr. L. B
ELLEGGIA
,
The Indiscreet Charm of the Cinematic Eye in Samuel Beckett’s
‘Film’
, cit.).
43
S. B
ECKETT
,
Un pezzo di monologo
(1979), in
TC
, p. 483.