DISAPPARTENENZA DELL’IO
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Si tratta – come prima si diceva – di un esperimento mentale tradot-
to in immagini, radicato certo nel pensiero di un Berkeley ‘beckettizza-
to’, ma dalle movenze allusivamente cartesiane, seppur con disegni e
risultati del tutto difformi – se non addirittura di segno contrario –
rispetto a quelli delineati e raggiunti dal filosofo francese
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. Come
Cartesio, «chiuso in una camera riscaldata da una stufa»
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, metteva fra
parentesi il mondo, con tutte le sue sicurezze a buon mercato e i suoi
saperi, per rintracciare un fondamento inconcusso di verità che gli con-
sentisse di mettere in fuga il dubbio, di cancellare quelle parentesi e,
dunque, di giustificare quelle certezze, rigettate all’inizio del suo itine-
rario, su basi ai suoi occhi nuove e più solide, così il nostro personag-
gio, Og, con intenti certo profondamente diversi, sospende, con la fuga
e con altri espedienti, gli sguardi del mondo, che lo inchiodano all’esi-
stenza; si rintana nella sua stanzetta spoglia e continua il suo esercizio
di autosottrazione agli occhi degli intrusi. Fa tutto ciò non per trovare
uno stabile puntello sul quale costruire l’edificio dell’essere, ma appun-
to nel «tentativo di non essere», per divincolarsi dal peso dell’esistere,
dall’«angoscia dell’‘essere percepito’», in cui consiste – ora possiamo
dirlo – l’autentica cifra beckettiana dell’«
esse est percipi
» berkeleyano.
Ma la sua speranza di conseguire l’inedita leggerezza di una ricercata
condizione de-ontologica, speculare al gravame dell’esistere – una spe-
ranza perseguita con attenta, tenace e metodica eliminazione di ogni
percipi
–, è destinata allo scacco, e non poteva andare diversamente. Og
incontra e confligge con Oc, ossia con
il suo stesso io
, dal quale non può
assolutamente né liberarsi né uscire: circostanza che fa la fortuna filo-
sofica del
cogito
cartesiano e la dannazione irredimibile di Og.
Percependolo (percependosi), Oc lo (si) assoggetta alle catene dell’es-
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Al 1927 risalgono gli approfonditi studi cartesiani di Beckett. Sulla biografia car-
tesiana di Adrien Baillet (
La vie de Monsieur Des-Cartes
, Parigi, 1691) si basa il poemet-
to
Whoroscope
[Oroscopata], scritto da Beckett nel 1930 (in S. B
ECKETT
,
Le poesie
, a
cura di G. Frasca, tr. it. Torino, 1999, pp. 4-11).
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R. C
ARTESIO
,
Discorso sul metodo
(1637), a cura di L. Urbani Ulivi, tr. it. Milano,
1997, p. 107 (versione lievemente modificata). Inutile dire che, per seguire il percorso
cartesiano nella sua interezza e compiutezza di significato, vanno lette le
Meditazioni
metafisiche
del 1641, delle quali è uscita di recente una pregevolissima edizione com-
mentata che presenta sinotticamente la traduzione italiana e l’apparato critico, il testo
francese e la versione latina (I
D
.,
Meditazioni metafisiche
, a cura di F. Lomonaco, R. De
Biase, S. Principe, tr. it. Napoli, 2010).
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