proponendo di far emergere, con un’edizione critica provvisoria ma
rigorosamente attendibile, un itinerario filosofico e uno filologico insie-
me. Così come Vico stesso avrebbe voluto.
L’edizione critica di Vico in quegli anni riparte, come necessario in
un approccio ecdotico rigoroso, dal testo vichiano e dall’allestimento
scrupoloso di commentari, note e studi critici dedicati all’autore.
L’animato dibattito che trovò posto sul «Bollettino» a partire dal 1973
plaudeva alla richiesta di Piovani e concordava con convinzione alla
necessità di proporre non tanto, o almeno non soltanto, comprensibile,
quanto piuttosto fedele alle sue ultime volontà, quasi sempre laboriose
e tormentate. «La filologia è arida» – per dirla con parole di Visconti –
«se si chiude nel suo tecnicismo, ma se, vichianamente, è unita alla filo-
sofia, allo studio dell’uomo e del suo progredire nella storia, diventa luce
che illumina, e con la parola che sorge dall’anima mette in contatto le
anime fra loro». Riportare alla luce e conferire adeguata dignità alle
opere latine del filosofo napoletano, che, proprio perché latine, rischia-
no di non essere prese in giusta considerazione, fu uno dei suoi più
espliciti e chiari propositi. E Piovani capì subito che per portare a ter-
mine questo tipo di operazione occorreva un latinista esperto e, soprat-
tutto, duttile, che fosse per l’appunto in grado di mettere armonicamen-
te insieme il piano filosofico con quello filologico.
Conobbi dunque Visconti solo in seguito, quando era oramai al
lavoro sui volumi successivi alle
Orazioni
; a partire dai
Varia
fino al più
recente sulle
Iscrizioni e composizioni latine
, cominciammo a prendere
l’abitudine di sentirci o di scriverci. In quei periodi nei quali veniva
spesso ricoverato in ospedale, pregava qualcuno dei suoi familiari o
amici di farlo per lui; sopra tutti, il nipote Mario. Spesso aveva bisogno
di aiuto nelle biblioteche napoletane, per le infinite ed estenuanti veri-
fiche cui sottoponeva i testi, e che gli risultavano difficili per la lonta-
nanza e anche per quei tanti acciacchi dei quali sempre si lamentava.
Inutile dire che io lo aiutavo molto volentieri. Non soltanto perché mi
ricopriva di ringraziamenti e riconoscimenti, o perché mi faceva diver-
tire promettendomi sempre di comporre un ditirambo per tessere le
mie lodi, ma evidentemente perché il contraccambio era ingente, nel
senso che imparavo moltissimi segreti di un mestiere che conoscevo
ancora poco, provenendo da studi molto teorici. Prima di tutto, la cura
di cui ha bisogno una buona edizione critica, e il tempo spaventosa-
mente lungo che occorre per licenziarla. Soprattutto, per sentirla dav-
vero conclusa.
MANUELA SANNA
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