decadenza. Alla luce della quinta Degnità della
Scienza nuova
del 1744,
Tessitore spiega che la debolezza dell’uomo, e pertanto il suo inevitabile esser
in transito verso la decadenza, deve essere contrastata da un sapere che lo
riscatta: da qui la propensione vichiana per i filosofi politici piuttosto che per
i filosofi monastici e solitari. Ripercorrendo gli sviluppi del pensiero vichiano,
dalle
Orazioni inaugurali
alla
Scienza nuova
del 1744, Tessitore fa luce sui nessi
che segnano il passaggio dalla barbarie alle prime forme di organizzazione
politica e insiste sull’importanza del sentimento del pudore e sul ruolo delle
religioni idolatre quali dispositivi che, frenando gli impulsi dell’umanità primi-
tiva, le permette di progredire dalla libertà bestiale alla società umana. In que-
ste pagine, poi, Tessitore tematizza la connessione tra la storia politica dei
popoli e la questione della decadenza; in particolare sottolinea che Vico, dal
De ratione
alla
Scienza nuova
, è particolarmente sensibile al negativo che emer-
ge nelle repubbliche popolari, dove prevale la ricerca degli interessi privati
sulla stabilità dell’insieme. Nondimeno, il disfacimento politico della comuni-
tà non fa che esprimere una crisi, una decadenza, che segue necessariamente
dalla fragilità della natura umana. La decadenza, chiarisce l’A., è il fio che i
popoli pagano per un’aspirazione superiore alle forze dell’umanità e alle forme
di governo che di volta in volta si succedono nella loro storia. Invece il ricor-
so, che non coincide con la decadenza ma è ciò che salva dall’inevitabilità di
questa, non si configura come un eterno ritorno del medesimo: tra l’una e l’al-
tra fase del corso ideale eterno cade infatti la cesura cristiana, dopo la quale
nulla è più come nell’originaria umanità pagana.
La seconda sezione si apre con un saggio di Patricio Alcarcón su
El temor
reverencial: un principio político en Hobbes y Vico
(pp. 91-111). Partendo da
un libro di Carlo Ginzburg su Hobbes (
Fear, Reverence
,
Terror. Reading
Hobbes today
, San Domenico di Fiesole, 2008), Alcarcón indaga il ruolo-chia-
ve che il timore e la riverenza giocano nella nascita della religione tanto in
Hobbes quanto in Vico nonché i meccanismi attraverso cui questa prima isti-
tuzione dà vita poi al mondo civile. Certo, tra i due c’è almeno una differenza
notevole: per Hobbes la condizione politica non è il risultato del dispiegarsi di
una supposta e originaria natura politica dell’uomo bensì di un laborioso e vin-
colante artificio razionale; per Vico, invece, gli uomini sono esseri sociali per
natura, i popoli condividono una natura comune caratterizzata da due aspetti:
le tre istituzioni basilari (religione, matrimoni, sepolture) e le corrispettive cer-
tezze (provvidenza, dovere morale, immortalità dell’anima); uno sviluppo
ideale eterno in conformità del quale si svolgono nel tempo le storie di tutte le
nazioni. I due filosofi, entrambi preoccupati per il disfacimento del corpo poli-
tico delle loro rispettive epoche, concordano però sull’importanza dell’azione
degli uomini, sulla negazione dell’idea di destino, sul fatto che le istituzioni
dipendono dal libero arbitrio degli uomini, dalla loro volontà politica. Sia
Hobbes che Vico individuano poi nel timore l’inizio del mondo civile. La
RECENSIONI
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