citizenship as nationals with what postna-
tional citizenship could mean for nonciti-
zens like [third-country nationals]» (p.
288). La concettualizzazione vichiana del
potere creativo dell’immaginazione indi-
ca, in altri termini, la possibilità di sosti-
tuire vecchie metafore con altre nuove, e
di trasformare idee non familiari in argo-
menti persuasivi, lanciando un ponte fra
ciò che ci è noto, la cittadinanza, e ciò che
ancora non siamo in grado di compren-
dere, la cittadinanza postnazionale. Posta
così di fronte al compito di reinventare il
linguaggio della nazionalità, l’A. si trova a
confrontarsi con il Vico della
Scienza
nuova
, che attraverso l’etimologia di
‘nazione’ indica la possibilità di ri-nasce-
re come cittadini postnazionali e nei
Corollari della logica poetica
suggerisce
come le nazioni e le nazionalità siano pro-
dotti umani; ma soprattutto cerca di indi-
viduare, nel dibattito politico concreto, i
tentativi e le opportunità di scardinare
l’identificazione acquisita fra cittadinanza
e nazionalità attraverso la proposizione di
altri
topoi
, come quelli dell’uguaglianza
universale, della residenza, e soprattutto
della cittadinanza deliberativa e parteci-
pativa, che consente di
immaginare
gli
extracomunitari residenti nei paesi
dell’Unione europea come già, di fatto,
cittadini. E qui, di nuovo, sembra tornare
in soccorso Vico, con il principio del
verum factum
e il passaggio, nel linguag-
gio poetico degli universali fantastici,
dalla similitudine all’identità: dal mo-
mento in cui i cittadini di paesi terzi agi-
scono
come
cittadini dell’Unione, essi
sono
cittadini dell’Unione. Di questo
sforzo di reinventare la cittadinanza in
termini deliberativi e partecipativi l’A.
riconosce gli insuccessi, ma al tempo stes-
so riafferma l’urgenza del ricorso all’im-
maginazione per procedere su territori
ignoti e conclude osservando, in termini
generali, come il dibattito sui cittadini di
paesi terzi nell’Unione evidenzi «the
necessity of imagination in political con-
text and in relationship to others unlike
us» e spinga «to create new metaphors
for old habits that seem logical until we
finally reconsider and question how they
were created in the first place» (p. 47).
[D. A.]
4. C
ACCIATORE
Giuseppe - C
ANTILLO
Giuseppe,
Materiali su «Vico in Ger-
mania»
, in
A quattro mani. Saggi di filoso-
fia e storia della filosofia
, a cura di M.
Martirano, Edizioni Marte, Salerno,
2010, pp. 214 pp. 9-36; «Studi vichiani in
Germania 1980-1990», ivi, pp. 37-81.
5. C
ARBONE
Raffaele,
Identité et diffé-
rence culturelle chez Vico
, in «L’Art du
Comprendre» XIX (2010), pp. 113-132.
Il saggio si concentra sul valore che la
concezione della storia di Vico riconosce
agli scambi tra le diverse culture, eviden-
ziando come ad una chiusura nella pro-
pria identità tipica dei popoli arcaici
segua presto una fase di apertura e finan-
che di ibridazione. Secondo l’A., ciò con-
sente di leggere in Vico il suggerimento
che «la chiusura non permette alle cultu-
re di mettere in opera le loro vere poten-
zialità» (p. 114). In quest’ottica sono lette
la considerazione vichiana dei Greci, l’ac-
cento sugli intrecci tra popoli diversi in
età postdiluviana, le conferme etimologi-
che delle «impurità» delle diverse culture
nazionali (p. 116). Queste ultime si rive-
lano perciò realtà non già uniformi, ma
anzi «internamente strutturate, stratifica-
te, costruite e maturate grazie a scambi
con l’esterno» (p. 117) ovvero, come
all’A. piace dire con E. Said, «ibride, ete-
rogenee, estremamente differenziate e di
certo non monolitiche» (p. 127). Al
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